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WILD STORIES OF ABRUZZO Parte 3: La chiamata

Ottobre 2016, il cielo sopra di noi era cupo e nuvoloso. Questa volta, oltre a Nicolò, c'era anche Pietro pronto a prendere parte all'avventura. Durante le tre ore di viaggio in macchina decidemmo di intraprendere un sentiero di alta quota. Arrivammo al parcheggio del paese vicino al quale in sentiero ha inizio, parcheggiammo la macchina e ci preparammo ad intraprendere il percorso stabilito. Partimmo e immediatamente il percorso ci mise alla prova, con ben novecento metri di dislivello che affrontai in condizioni non ottimali, dovute ad una forma fisica scarsa. Ad alta quota trovammo un branco di camosci: la vista ci rinfrancò lo spirito e riuscimmo a scattare delle belle foto. I camosci, specie protetta nel parco, sono molto disinvolti con gli esseri umani. Sono abituati alla nostra presenza e si lasciano avvicinare molto facilmente. Ne ho avuto più volte la dimostrazione.

Il nostro cammino doveva però proseguire.

Avevamo lasciato i fitti boschi già da un po’ e, una volta raggiunto il grande altopiano, il freddo iniziava a penetrare attraverso i vestiti sudati. Continuammo la scalata tra la fitta foschia di quell’uggiosa giornata autunnale fino ai quasi 2000 metri del rifugio dove, finalmente, poggiammo i nostri ingombranti zaini e rilassammo le spalle. Preparammo la cena e consultammo la mappa per selezionare il percorso del giorno seguente. Il vento al di fuori dalla struttura soffiava forte e gli spifferi d’aria che attraversavano le fessure del legno usurato producevano un sibilo inquietante. L’atmosfera all’interno era rasserenata dalla calda luce di qualche candela precedentemente accesa. Faceva molto freddo ed eravamo stanchi dopo il viaggio in macchina e il trekking verso le vette, per cui ce ne andammo a dormire. Ci svegliammo all’alba e, dopo aver consumato una colazione sostanziosa, scendemmo lungo un sentiero diverso, fino a raggiungere di nuovo il centro del villaggio dove avevamo parcheggiato l’auto. Ci sedemmo davanti all’area Faunistica del Lupo, ammirando un branco di lupi in semi-cattività giocare come bambini. Ci dirigemmo poi verso un altro sentiero, scelto perché presentava buone probabilità di avvistamento di animali, specialmente di lupi. Il passo era spedito, lungo la ripida salita di trecento metri di dislivello. Il sole batteva forte sopra le nostre teste nei punti non coperti dai rami degli alberi e i nostri respiri affannati incontravano le urla di allerta delle ghiandaie sugli alberi tutt’intorno. Una volta lasciato il tratto boschivo e arrivati alla meta, ci trovammo di fronte a una immensa distesa dorata che si estendeva in altezza fino ad arrivare alle più alte vette rocciose, dove i cervi pascolavano indisturbati.

Un falco pellegrino passava veloce in quel momento davanti ai nostri occhi. Eravamo arrivati all’inizio di un altro sentiero, quello che ci avrebbe condotti ad una zona montuosa più avanti e lì, in quella diramazione di sentieri, ci sdraiammo a terra godendoci i colori di un arcobaleno che quella giornata ci aveva donato, risultato di una breve pioggerella autunnale.

Poco prima avevo notato che erano state lasciate delle tracce nel sentiero, delle feci. Tornai indietro per individuarle. Dopo attenta osservazione notai peli biancastri e arancioni, probabilmente provenienti da un cervo o un capriolo predato e in cima un “ciuffetto sbarazzino”. Era indiscutibilmente la cacca di un lupo appenninico. Era fresca di poche ore! Osservare le feci di questi predatori può fornire più di un indizio su quella che è la loro dieta. Il segno palese della presenza del lupo sul territorio e la possibilità di scorgerlo durante il trekking mi diede presentimenti positivi. Dopo aver fatto conoscenza con gli escursionisti di giornata che scendevano dal sentiero ed esserci rilassati sotto l’ombra di un albero decidemmo di fare degli appostamenti all’interno di alcuni cespugli, totalmente mimetizzati con l’ambiente, per cercare di immortalare finalmente questo straordinario predatore. Iniziò una lunga attesa.

Cervi e cinghiali erano una presenza fissa nella valle ma il tempo di luce a disposizione dopo alcune ore era purtroppo terminato, così fummo costretti a muoverci all’imbrunire con l’intento di rientrare dall’escursione.

Improvvisamente dall’altra montagna, udimmo dei forti suoni riecheggiare acutamente, rompendo il silenzio. Ci zittimmo e ascoltammo con attenzione il suono che era stato emesso cercando di identificarne la fonte. Erano indubbiamente ululati. Un branco di lupi lanciava il proprio messaggio. Che fosse stato un richiamo? Una buona battuta di caccia terminata con successo? Un ospite indesiderato nel loro territorio? Non lo potevamo sapere. Provenivano sicuramente dalla montagna opposta alla nostra quindi non potemmo far altro che constatare la tremenda distanza e goderci il loro canto per tutta la sua durata.

Era la prima volta per noi. Fu un’emozione magnifica e intensa, ricca di tensione e vibrazioni che ancora oggi risuonano nel petto al solo ricordarla. Dopo aver avuto il privilegio di conoscere l’ululato dei lupi con le nostre orecchie, poche decine di metri da dove mi trovavo, udimmo degli ululati striduli rimbombare in tutto l’altopiano, probabilmente in risposta all’altro branco sull’altro versante. Molto probabilmente si trattava di quattro o cinque esemplari. Erano lì, a pochi metri da noi, avvolti nel buio della notte, a riempirci i cuori di stupore, incredulità, meraviglia e gioia infinita. Non eravamo noi ad averli trovati; potrei dire che furono i lupi a trovare noi, coperti dal manto dell’oscurità, arrivati per offrirci un concerto naturale nel teatro più sublime: la volta celeste e le foreste tutte intorno. Secoli e secoli di persecuzioni si erano come dissolti nella nebbia: il lupo si era avvicinato all’uomo e gli aveva fatto un regalo inestimabile. Questo fu ciò che provammo in quei densissimi minuti, questo è ciò che trattengo nella memoria e nel cuore, perché il tempo non cancelli le emozioni che ebbi in quella notte di profonda magia. L’esperienza a stretto contatto coi lupi fu davvero una delle cose più belle mai vissute. Quell’incontro notturno, come gli altri avuti in precedenza, è stato per me fonte di grande ispirazione e motivazione. Mi ha permesso di apprezzare nel profondo la forza della natura più selvaggia e più preziosa. Sul mondo in cui viviamo e su quello che si cela dentro in una faggeta remota o in una zona di montagna. Sull’interazione che abbiamo tutti i giorni con essa e sul modo in cui ci poniamo, incuranti delle conseguenze e dell’impatto che le nostre azioni hanno sull’ecosistema.

WILD STORIES OF ABRUZZO Writer: @ Mattia Cialoni Editor: @ Maria Costanza Boldrini

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